09/04/2023
CHRISTUS
VINCIT!
NOBILE DIFESA DELLA PROPRIA MADRE
Negli anni '80, il giornale brasiliano "O Estado de São Paulo",
vantando una grande tiratura a confronto con i grandi quotidiani,
riusciva a forgiarsi la fama di "politically correct",
per sensibilizzare una specifica fascia di lettori.
Finché, tradito dal proprio accanimento contro il nostro Fondatore e
avverso all'azione anticomunista della TFP,
superò ogni limite e fece un ignobile passo in falso.
Da questa lettera si potrà capire il resto.
São Paulo, 15 Agosto 1979
Illmo. Sig.
Dott. Julio de Mesquita Neto
DD. Direttore di
"O Estado de S. Paulo"
Sig. Direttore,
Le scrivo in qualità di abbonato, già da quarant'anni, a "O Estado de S. Paulo". Le comunico che non desidero più ricevere il suo giornale, considero cancellato l'abbonamento dello stesso per il 1979, e spero non essere cercato dal suo reparto di propaganda per un nuovo abbonamento negli anni successivi.
Non mi spingono a ciò gli attacchi recentemente fatti da questo quotidiano sia contro la TFP, di cui sono il Presidente del Consiglio Nazionale, sia contro la mia persona. La TFP ha già subito altri attacchi dalla parte di "O Estado de S. Paulo" senza che io nemmeno pensassi alla sospensione del mio abbonamento.
Tuttavia, nel notiziario pubblicato il 12 del mese in corso, la TFP ed io siamo stati oggetto, da parte di questo giornale, di una ferocia polemica di cui non conosco precedenti nel vostro passato, e neppure nella storia della stampa brasiliana.
Infatti, il suddetto notiziario ha voluto attingermi in uno dei sentimenti più sacri e più intimi del cuore umano: l'affetto e la venerazione che ogni figlio tributa a sua madre. Non ho dubbi che nessun lettore di "O Estado de S. Paulo", qualunque sia la sua opinione sull'esattezza o l'opportunità di questo e quel lancio della mia vita pubblica, o sulla TFP, negherà l'intero procedimento della mia discordanza con un tale modo di fare.
Ferocia polemica: l'espressione è interamente precisa, Dr. Julio de Mesquita Neto. Era giusto, era decoroso, che, per attaccarmi, come pure la TFP, "O Estado de S. Paulo" arrivasse al punto di violare l'augusta pace dei morti, nella quale dorme serenamente e cristianamente mia Madre, in attesa dell'aurora della risurrezione?
Era giusto e decoroso che portasse in ballo in una polemica – e in che modo! – il nome di lei, nonché le testimonianze di venerazione e di tenerezza di cui la sua memoria è circondata?
Procedendo in questo modo, "O Estado di S. Paulo" non avrà trasgredito un diritto umano, proprio esso che si vanta di essere un paladino di quei diritti, persino quando si tratta di accaniti e irriducibili avversari dei più basici precetti delle leggi umane e divine?
Certamente, tutti gli uomini, senza eccezione, hanno dei diritti. Stando così, non li avrò anche io? O no, solo perché appartengo alla TFP?
Il menzionato notiziario di "O Estato de S. Paulo" riferisce che molti soci e collaboratori della TFP ricorrono all'intercessione della pia anima di mia Madre per ottenere grazie dal Cielo. E manipola abilmente il fatto in modo da presentarlo come un'espressione della ridicola o assurda mentalità religiosa che la TFP inculcherebbe a coloro che vivono nel suo ambito.
Per dimostrarlo, il notiziario non esita a presentare come sintomatica una trasposizione assolutamente assurda dell'Ave Maria.
A proposito di questa trasposizione, per un estremo scrupolo di precauzione, ho indagato se per caso veniva adottata nelle schiere della TFP. E posso rispondere di no. Se qualche fatto individuale di questa natura si è prodotto casualmente, d'altronde a mia insaputa, non proverebbe nulla. Poiché, quale associazione numerosa accetta di essere responsabilizzata per fatti singolari praticati, sotto responsabilità individuale, da questo o quello dei suoi partecipanti o collaboratori?
Ritengo, dunque, non solo come ingiusto, ma persino come feroce, il ricorso polemico a un simile assurdo, anche se lo si presumesse fondato.
C'è di più. È ben vero che un certo numero di persone appartenenti alla TFP, o vicine ad essa, visitino la tomba della mia cara e rimpianta Mamma, presso il Cimitero della Consolação, adornano la sepoltura con fiori e pregano in un silenzioso raccoglimento.
Ciò risulta da una sequenza di fatti facilmente spiegabili.
Da più di cinquant'anni mi dedico ad attività in favore della Chiesa o della civiltà cristiana. Come è notorio tra coloro che svolgevano un rapporto con me, sino al 1967 costituivano compartimenti del tutto separati, la casa mia, dove viveva nella soave dignità della vita privata la tradizionale dama paulista dalla quale mi onoro essere nato – e da un'altra parte i miei valorosi compagni di azione pubblica. A tal punto, che soltanto circa sei di loro frequentavano la mia casa, e per tutti gli altri mia Madre era una persona sconosciuta o quasi.
Nel 1967, mi ammalai a serio rischio di vita, e naturalmente la mia dimora si affollò di amici. Profondamente afflitta, mia Madre riceveva tutti, ormai con l'avanzata età di 91 anni. In questo difficile frangente lei prodigava loro una accoglienza in cui trasparivano il suo affetto materno, la sua rassegnazione cristiana, la sua illimitata bontà di cuore e l'incantevole gentilezza dei vecchi tempi della San Paulo di allora. Per tutti fu una sorpresa e, si capisce, sentirono pure un fascino. Questo convivio si protese così per lunghi mesi.
Non ero ancora del tutto guarito, quando Dio chiamò a Sé mia Madre. Da quel momento, ad alcuni occorse l'idea di chiedere la sua intercessione presso Dio. E si videro esauditi. Quindi, non vi era nulla di più naturale che ricoprissero di fiori la sua tomba in segno di rispetto e gratitudine. Era altrettanto normale che raccontassero quei fatti ai loro amici. Ed è pure naturale il conseguente e graduale aumento del numero di coloro che vanno pregare presso la sua lapide nel cimitero della Consolação.
Per caso spettava a me, come figlio, oppormi a ciò che, lungi dall'essere ridicolo e stravagante, è – per chi ha fede – qualcosa di profondamente rispettabile? Sarebbe stato benefico che io tentassi in qualche modo privare di questo sostegno morale le persone turbate dalle tribolazioni di una vita di lotta in piena burrasca del mondo contemporaneo?
Davanti a fatti che ho assistito discretamente ma senza stimolarli, non mi spettava che tacere reverente, emozionato e gradito.
Insisto. Al mio posto, quale figlio non procederebbe così?
Tutto ciò, l'ho appena esposto dal punto di vista del buon senso e della bontà di cuore. Elevando adesso la vista, passerò a parlarne in termini di Fede e di dottrina cattolica.
Chiedere l'intercessione ad una persona che è vissuta e morta piamente non ha il significato intrinseco e necessario di proclamarla come una santa elevata agli onori dell'altare. La dottrina cattolica insegna ai fedeli che è legittimo ricorrere all'intercessione di coloro che li precedettero nella morte "cum signo fidei", specialmente quando per la loro condotta o per le loro parole li hanno stimolati alla virtù e così li avvicinarono a Dio. Su questo principio generico si fondano, per esempio, le molto note richieste alle anime del Purgatorio, quando i fedeli le suffragano.
È quel che, in anteriori occasioni, é stato fatto in modo individuale nella TFP, ricorrendo nello stesso modo all'intercessione dei soci o collaboratori deceduti per malattia o per incidente, visitando le loro sepolture ecc. È ciò che si fa, dentro e fuori della TFP, presso ai resti mortali delle personalità che la Chiesa non ha canonizzato, come il grande Vescovo di Olinda a Recife, Dom Vital, oppure l'eroico Presidente dell'Equador, Garcia Moreno, assassinato in odio alla Fede.
Nulla di più ortodosso.
Per tutto ciò, Sig. Direttore, protesto con tutte le energie del mio senso di onore e della mia devozione filiale, contro il fatto che questo quotidiano abbia trattato un tale argomento in modo così offensivo, senza avermi per lo meno cercato previamente, al fine di sapere se io avessi qualche spiegazione ragionevole da dare in merito. Io che, più di una volta, ho accolto cortesemente i rappresentanti del "Jornal da Tarde" [l'edizione pomeridiana ndr.] che mi chiedevano un parere su questo o quell'argomento.
Ecco ciò che avevo da dire.
***
Rilegga questa lettera, Sig. Direttore; in essa non troverà una sola affermazione superflua in difesa del nome di mia Madre, o di quello che nel linguaggio odierno si chiamerebbe i miei diritti umani.
Voglio credere che la sua sezione "Escrevem os leitores" [I lettori scrivono ndr.] sia veramente una tribuna aperta a tutti, e quindi spero che questa missiva vi sia pubblicata. Ma condiziono formalmente la pubblicazione a che contenga l'integrità del presente testo. Senza soppressioni di qualsiasi topico e pertanto nessun "riassunto" di qualsiasi parte. Altrimenti, mi oppongo a che sia pubblicata.
Nel caso in cui "O Estado" si rifiuti di pubblicarla, saprò come agire per il raggiungimento degli obiettivi di questa lettera, nel rispetto dovuto alla Legge di Dio e alle leggi degli uomini.
Attualmente, né la TFP né io disponiamo delle risorse economiche necessarie per polemizzare in una sezione libera contro la potente organizzazione impresariale di "O Estado de S. Paulo". Ma, saprò come mettermi in contatto con gli spiriti imparziali ed i cuori sensibili che, grazie a Dio, non mancano in questo immenso e caro Brasile.
Le invio la presente attraverso l'Ufficio Notarile del Registro dei Titoli e Documenti, senza qualsiasi intento di ricorrere a misure giudiziali. Ma soltanto per poter provare per sempre, che nel momento appropriato ho difeso con la necessaria fermezza il nome di mia Madre, la mia dignità personale e il buon concetto della TFP.
"Beati mortui qui in Domino moriuntur" – "Beati i morti che muoiono nella pace del Signore". Dalla pace del Signore in cui si trova, so bene che la mia amata Madre prega per me. Secondo l'illimitata bontà del suo cuore, so che lei sta pregando anche per l'autore dell'offesa. E chiede che nessuno faccia a costui il male che ha fatto a lei e a me.
Seguo l'esempio materno.
È ciò che ho da dire per concludere la presente.
(Pubblicato su "O Estado de São Paulo" il 22 Agosto 1979)