09/04/2023
CHRISTUS
VINCIT!
VUOI ESSERE IL MIO CIRENEO?
Evocazione storica di un incontro imprevisto...
Come si può essere un Cireneo al giorno d'oggi?
Fin qui abbiamo letto la descrizione fatta nel Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo. Adesso cerchiamo di immaginare come sarebbe stato Simone il Cireneo: dobbiamo immaginarlo come un tipo condiscendente, un accomodato medio, un poveraccio, che tirava avanti come poteva. Ma, con una felicità propria dei poveri e che essi stessi non sanno valorizzare bene, come vedremo in seguito.
Di solito si ha l'impressione che il povero viva preoccupato perché gli mancano i soldi e che il ricco sia sereno perché ha il sovrappiù. Ma, in questo XX secolo non è così. Tutte le fortune e proprietà sono continuamente scosse, sono continuamente a rischio di perdita. Se un uomo possiede una piccola industria e all'improvviso gli capita un blocco, può divampare uno sciopero e fare crollare tutto quell'impianto. Se, invece, ha uno studio medico, insperatamente può essere vittima di una calunnia e la sua reputazione finire male. Se è un avvocato, la stessa cosa. Se è un ingegnere, improvvisamente un suo subalterno commette un errore di calcolo e la casa da lui costruita crolla. Tutte le professioni oggi portano con sé delle preoccupazioni molto grandi.
In uno dei miei viaggi a Roma, visitai un seminario in un collegio di Gesuiti, e mi mostrarono la camera di un sacerdote, il prete che mi accompagnava mi disse: qui morì Padre tale. Al che io risposi: "Chi è questo Padre? Non ho mai sentito parlare di lui". Era un cognome italiano, eravamo a Roma e quindi era un fatto banale. Allora il mio accompagnatore: "Non ne ha mai sentito parlare? Fu proprio lui a costruire un celebre ponte sul Tevere; prima di essere sacerdote, era un ingegnere". Al che gli dissi: "Ah... molto bene" e feci i debiti complimenti.
Ma a quel punto il prete raccontò qualcosa che ritenni interessante: "Lei non immagina che tipo di ingegnere fosse questo sacerdote. Per coincidenza gli diedero questa camera dalla quale si vedeva il ponte da lui costruito. E quando la sua malattia era ormai avanzata, e non poteva più muoversi, ogni tanto chiedeva ad un confratello che si prendeva cura di lui, di portarlo vicino alla finestra per poter verificare se il ponte non fosse crollato". Quindi il mio accompagnatore mi disse: "Come vede, non c'era nessuna ragione per preoccuparsi, ma il poverino portò questa preoccupazione fino alla sua morte".
Quasi quasi mi veniva di dire al mio interlocutore: "Si vede che Lei non ha mai esercitato una libera professione prima di entrare in seminario e non sa cosa ciò significhi per un avvocato, un medico o un ingegnere". Infatti, quando si tratta di un avvocato, questi ha sempre un'idea fissa in mente: "Non sarà forse che nella mia arringa non ho detto quel che dovevo dire e improvvisamente mi annulleranno la vincita di quella causa?". Il medico, da parte sua, ha sempre la preoccupazione: "Ho visto che il paziente che ho visitato oggi zoppicava. Forse non gli ho amministrato il 'silicato di non so cosa' e ora ne sento il rimorso? Come mai quello zoppichio...". Ogni dato gli causa preoccupazione.
Il povero, invece, è il meno preoccupato perché non ha il pensiero di come spendere i suoi soldi. Cammina e porta avanti la sua vita. Osservate i poveri per strada: hanno il viso più tranquillo delle persone ricche.
Quando passa per strada una macchina di lusso, guardate la fisionomia dell'autista e quella del proprietario. Il padrone ha in mente dieci fabbriche da dirigere, con parecchi problemi e tante altre cose; inoltre, ha dei doveri di attenzione con l'assistenza sociale, ha da rispondere a delle lettere, spuntano problemi, insomma, ha da portare avanti la vita di un uomo importante, che è lui stesso. Guardate invece l'autista: guida tranquillo.
Uno dei santi più allegri che ci sono stati nella Chiesa è San Francesco d'Assisi, scrisse persino una famosa riflessione sulla perfetta allegria. Certo, perché non aveva nulla da dirigere, nulla di pesante sulle spalle; chi possiede molto, ha molto da caricare.
Una volta ero con mio padre, un uomo molto pittoresco; basta dire che era dello stato di Pernambuco a nordest del Brasile - e si dicono delle cose pittoresche sui nordestini - e gli fu presentato un ragazzo ricco, ricchissimo, uno dei più ricchi di San Paolo. Iniziammo a chiacchierare, ma dopo un po' mio padre incominciò ad assopirsi, perché era ormai anziano; però mi resi conto che era mezzo addormentato e mezzo attento alla conversazione. Allora il giovane iniziò a parlare e raccontò che aveva una fabbrica e non so cos'altro. Mio padre aprì leggermente gli occhi e gli disse: "Ascolta giovane, il denaro è un buono schiavo ma anche un cattivo padrone. Se possiedi tutti questi soldi per trarne un profitto, approfittane; ma se devi portarti appresso i tuoi soldi così come stai facendo, questa non è vita, mi capisci?". Mi ricordo ancora la fisionomia del giovane: rimase a bocca aperta così... Vidi che si rendeva conto che in fondo c'era qualcosa di vero in quelle parole; in realtà mio padre era un uomo molto tranquillo, ma non ebbe mai molti soldi.
Ebbene, allo stesso modo tranquillo doveva camminare il Cireneo, pensando alle piccole cosette della sua piccola vita: ai suoi sandali, che erano usurati e come avrebbe fatto per mandarli a riparare, o semmai li avrebbe riparati lui stesso... Piccole cose come queste. O magari osservava un uccellino che stesse lì cinguettando: "Di che razza è? Servirebbe come boccone a tavola? Se riuscissi a catturarlo, potrei portarlo da mangiare a mio figlio o lo darei a mia moglie per metterlo in gabbia, per servirci da svago?". Andava gioioso di quelle cosette leggere. Possiamo immaginarcelo persino che canterellava e col figlio che fischiettava al suo fianco: ecco la spensieratezza della vita del povero.
Di colpo, si imbatté con una moltitudine che urlava "uccidilo! uccidilo!", "crocifiggilo", ecc... mentre, come possiamo immaginare, gli sembrava sentire in lontananza dei lamenti: "Ahi, ahi, abbiate pietà di me". E così la tragedia fece irruzione nella sua vita. Infatti, non aveva mai sentito nessuno gemere in quel modo. "Quanto dolore, che dolore lancinante, chi sarà l'uomo che geme così?". Ma si interrogava pure: "Sta gemendo o cantando? Ma che voce armoniosa, che bel timbro, quanto vorrei aiutare quest'uomo che si lamenta in modo così celestiale! Chi sarà?". Attratto un po', per prima volta nella sua vita, da qualcosa che mai lo aveva attratto - perché quando vedeva soffrire qualcuno fuggiva e il dolore era proprio quel che la sua tranquilla gioia non desiderava - avrebbe voluto fuggire da tutti i dolori, da tutti coloro che soffrono, ma improvvisamente quel dolore lo contagiò.
Mentre pensava: "Quell'uomo sta chiedendo aiuto, sostegno, e soffre...", si avvicinava sempre di più a quella tragedia. Eppure il Cireneo non la voleva, perché era uno spirito garantista e perciò non ne voleva sapere; gli veniva la voglia di andarsene, di allontanarsi da quella via. Ma, allo stesso tempo il vocio si faceva sempre più vicino ed anche sempre più forti le grida dei carnefici.
Ed osservava: "Che contrasto: il gemito di quest'uomo suona come una melodia, mentre questi che Gli gridano contro e lo perseguitano, causano un frastuono spaventoso; che voci orribili, che cacofonia, che gente cattiva. Mi sento portato a schierarmi".
Infatti, era una grazia che bussava alla sua anima senza che se ne accorgesse; penetrava in lui e lo rendeva incline a fare il bene. Da un altro lato, però, il demonio sussurrava: "Attento, scappa, svignatela da quella porta; tutto ciò ti procurerà dei guai, all'improvviso ti coinvolgeranno e ti avvierai verso il dolore insieme a lui. Il dolore no, fuggilo, idiota non commuoverti". E lui: "È vero! Se me la svignassi da quella scorciatoia, o da quell'arcata, starei un po' più lontano e mi posizionerei a distanza da quel tumulto.
Intanto, ecco di nuovo quella voce: "Ahi... Ahiii... abbiate pietà di Me, abbiate pietà di Me!". Il cuore del Cireneo si spaccava dal dolore. La grazia si posava su di lui, ma l'egoismo, soffiato dal demonio, diceva il contrario: "Pensa a te stesso, non scomodarti per Lui. Se quell'uomo fosse al tuo posto fuggirebbe; quindi fuggi tu, scemo".
Nell'indecisione, Simone continua ad andare avanti. A un certo momento avviene l'incontro e vede un uomo sui 33 anni con i lunghi capelli spettinati, che grondava sangue, il viso ricoperto di contusioni che in certi punti lo rendevano bluastro, con il naso naturalmente adunco e rotto da un colpo brutale, con gli occhi pesti, la testa incoronata di spine e con una pesantissima croce sulle spalle, che veniva trascinata al suolo penosamente.
Ne rimase inorridito: "Ma nella vita può esserci tanto dolore? Può capitare a qualcuno una cosa del genere? Io mai avrei pensato che potesse accadere a nessuno ed improvvisamente successe a Lui. Ma allora non potrebbe capitare improvvisamente anche a me?". E il demonio: "Fuggi, fuggi!". Nel frattempo, un angelo gli mormorava: "Resta, qui c'è qualcosa per te".
Uno dei legionari, i soldati romani, lo vide in quella indecisione e gli disse brutalmente: "Prendi l'estremità della croce!". A quel tempo i romani dominavano la Terra Santa e ne erano i padroni. La nazione giudaica era una nazione conquistata e i romani comandavano su tutto. Quindi, per il fatto che quel soldato indossava il magnifico elmo romano e quella corazza, seguito dai lancieri che ostentavano le armi di Cesare, doveva essere obbedito e tutti dovevano eseguire i suoi ordini.
"Prendi qui questa croce!". E il Cireneo: "Ma come... questa croce imbevuta di sangue proprio in quell'estremità che mi ordina di afferrare... e vedo che il sangue scorre e cade a terra e me ne vedrò impregnato...".
Mentre rifletteva così, il sole picchiò sul sangue di color rubino. Provò un'attrazione interiore, e qualcosa sembrò dirgli: questo sangue è la salvezza, afferralo. "Ma... però... eppure... e il dolore, e il peso di questa croce?".
E il legionario: "Prendila, perché costui non ce la fa più e deve salire fino alla cima di quella collina".
"Ma allora proprio io devo alzare questa croce fin sulla collina? Salire una collina con una croce, con questo poveretto che geme tanto e io dietro a Lui? Non ho il coraggio, ci vuole molto sforzo e a me non piace fare sforzi. Caspita, e adesso come si mette?
"Prendila, altrimenti te le buschi".
"Adesso la situazione si fa proprio nera, perché scorrerà anche il mio di sangue. Ma io non me la svigno; avrei dovuto fuggire prima e non l'ho fatto. Adesso me la afferro". E prende la croce.
Colui che portava la croce lo guarda. E il Cireneo avverte che quello sguardo lo aveva penetrato interamente e sente qualcosa che non aveva mai sentito prima. Simone era un uomo sposato, con figli e figlie ed aveva avuto dei buoni genitori; aveva le comuni relazioni familiari, come c'erano in quei tempi, ed era circondato del solito affetto esistente in quei giorni. Ma quel Simone si sente oggetto di uno sguardo come nessuno in quel modo lo aveva mai guardato. Era uno sguardo che sentiva penetrare fino in fondo all'anima, di Qualcuno che lo conosceva così tanto, che prima ancora che nascesse, sapeva già chi fosse e cosa sarebbe divenuto. Uno sguardo straordinario, uno sguardo che lo ravvolgeva con un affetto mai avuto da nessuno.
Si sentiva capito nel profondo, nelle peculiarità più personali della sua vita. Percepiva che quello sguardo conosceva tutta la sua vita. Che quello sguardo conosceva tutti i suoi dolori ed aveva pietà di lui. Si sentiva tanto attratto, più che mai, ma intanto prendeva già la croce, il sangue caldo che scolava gli intingeva le mani, si sentiva mezzo coinvolto in quella tragedia e sempre più attratto verso di essa.
Ma, la paura si comporta a sobbalzi e ci si può raffigurare che a un certo momento si rivolse al romano dicendo: "Non voglio continuare!". E il romano gli rispose: "Se non lo farai, sarai picchiato". Ed egli allora, di malumore, prese la croce e continuò.
Quindi, un dialogo muto si svolse tra due uomini: L'Uomo-Dio e il Cireneo. L'Uomo-Dio gli diceva: "Figlio mio, è per te che io soffro. Tu mi vedi nell'apice dell'abbandono, nel culmine della disgrazia, all'ultimo estremo del disprezzo da parte degli uomini; ma guardami, vedi che misteriosa grandezza c'è in me, che enigmatica bontà, che bontà coinvolgente che ti palpa l'anima come un buon medico quando tasta la piaga per applicarci un balsamo. Non senti che stai soffrendo sotto il peso della mia croce, ma nel contempo la tua anima sta avvertendo una leggerezza come mai avevi sentito? Non senti che un nuovo orizzonte si schiude per te?".
Eccoli ai piedi del Calvario: bisogna continuare a salire e la croce per Simone si fa sempre più pesante. E pensa: "È terribile, ma sarebbe più terribile ancora se io la lasciassi e lui soccombesse sotto il suo peso, fratturandosi i palmi delle mani nelle pietre del terreno. Io questo non lo sopporterei; perciò adesso vado fino lassù".
Salì ed aiutò a deporre la croce al suolo, perché gli aguzzini avevano dato un ordine: "Posa la croce a terra!". Gesù, con umiltà ed amorevolezza pose la croce in terra, e guardò il Cireneo che Lo aiutava con uno sguardo di gratitudine. Forse sarà stato l'ultimo sguardo rivolto a lui. Il Cireneo si allontanò e si rese conto che i romani non pensavano più a lui, e che ormai era al di fuori della tragedia.
Quindi, gli aguzzini dissero: "Adesso apri le braccia, stendi bene le gambe, perché conficcheremo questi chiodi nelle tue mani e nei tuoi piedi". Ed Egli, come chi volesse subire quella sofferenza, aprì le mani e iniziarono i colpi. Se non sbaglio, una profezia di Isaia dice "Hanno trapassato le mie mani e i miei piedi e hanno contato tutte le mie ossa". Faceva riferimento a Nostro Signore; infatti, trapassarono le Sue mani, conficcando un chiodo in ognuna e dopo nei piedi. Secondo una certa tradizione non fu un chiodo per ogni piede, ma un grande chiodo che attraversò i due piedi assieme, per fissarlo sulla croce. Fatto ciò, innalzarono la croce ed Egli rimase sospeso da quei chiodi in modo tale che quando si appoggiava sulle braccia, cioè sulle mani, i chiodi incominciavano a lacerarle; quando si appoggiava sui piedi per evitare che si lacerassero le mani, il chiodo incominciava a lacerare i piedi, e tutto era non altro che un aumento dei dolori.
Il Cireneo, da lontano, guardava spaventato e allo stesso tempo affascinato; non parlava con nessuno, ed era ritornato ad essere uno sconosciuto nella moltitudine. La gente non si accorgeva che aveva la tunica macchiata; non notava che aveva le mani tinte di sangue e che se le asciugava sulla tunica per ripulirsele.
I fatti si susseguivano e il Cireneo si accorse che dall'alto della croce Nostro Signore parlava con i due ladroni, posti da un lato e dall'altro. Si accorse che uno dei ladroni bestemmiava e che Gesù fingeva di non ascoltare, mentre l'altro ladrone guardava con tristezza e prendeva le Sue difese dicendo: "Perché bestemmi così? Noi siamo qui per un giusto motivo, perché siamo dei criminali e il destino di un criminale è di morire come noi. Ma Lui è innocente, è giusto, è il Santo e muore, proprio così...
E Simone udì Nostro Signore che gli diceva: "Tu oggi stesso sarai con me in Paradiso". Gli perdonò tutti peccati e profetizzò che sarebbe salito in cielo e avrebbe preso con sé il buon ladrone.
Il popolino si spostava di qua e di là; alcuni lanciavano sassi, altri urlavano, altri rimanevano zitti ed alcuni piangevano. Allora il cielo iniziò ad oscurarsi sempre più, e a un certo momento si fece notte su Gerusalemme, benché fossero le 3 del pomeriggio. E in quella notte si sentì il Suo forte grido: "Eli, Eli lamma sabactani!", "Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato!". E poi disse: "Tutto è compiuto", e morì.
Si trovava lì un gruppo di donne; e una che il Cireneo non riusciva a vedere, perché aveva il volto coperto, ma che esercitava su di lui un'attrazione simile a quella che aveva esercitato quell'uomo. Domandò chi era colei che si nascondeva. "È Sua Madre', gli dissero.
Sua Madre? Ma, questo è qualcosa che per me vale più che se fosse una regina, più che una imperatrice, vale più di tutto il mondo. Che onore essere la Madre di quest'uomo fallito, che onore essere Madre di quest'uomo tanto inabile che pur essendo innocente non evitò la propria morte. Che sapienza quella di quest'uomo distrutto, e che vittoria in questa scena: quando morì, tutto il cielo si oscurò.
Mentre rifletteva così, un tremore incominciò a scuotere la terra.
Il Cireneo continuava a guardare tutto ciò ed ebbe paura. Ma il suo timore aumentò ancora di più quando vide delle figure che camminavano con gli occhi chiusi, avvolte in fasce di stoffa bianca, come in quel tempo venivano ravvolti i cadaveri per la sepoltura e che pronunciavano terribili rimproveri verso il popolo, mentre con gli occhi chiusi sembravano vedere e scrutare a fondo il corpo e l'anima di quei malfattori.
In lontananza, il Cireneo vide il tempio intero tremare, mentre coloro che erano stati i giusti secondo l'antica legge per un ordine di Dio continuavano ad uscire dalle sepolture per censurare il popolo che aveva appena ucciso il Figlio di Dio.
Simone voleva rivolgere la parola a quella Signora, ma non osò farlo. Pensò che era così pura, talmente pura, da non avere il diritto di rivolgerLe la parola. Allora vide che scesero Gesù dalla croce, per condurLo verso il sepolcro. Ma prima Lo unsero mentre era sdraiato sul grembo di Lei, tra le Sue braccia. Dopo l'unzione, Lo sollevarono. Quindi si formò il corteo, di dieci o quindici persone: San Giovanni Evangelista, le Sante Donne, Nicodemo, Giuseppe di Arimatea ed altri, per procedere alla sepoltura. Ma il Cireneo non ebbe il coraggio di seguirLo e pensò: "In fin dei conti cosa mi succederà? Mi sento carico di pensieri, di tante preoccupazioni e quant'altro, che mi viene meno la speranza; perché, tutto sommato, sono un miserabile, un vigliacco, un uomo colmo di peccati, e mai sarò all'altezza di tutto quanto ho visto.
Il corteo gli si avvicinò e quella Signora pose su di lui uno sguardo di bontà e disse due sole parole: "Mio figlio". E lui, interiormente, esclamò: "Mi sono guadagnato la giornata, ho realizzato la mia vita, sono perdonato! Ma adesso devo ritornare a casa".
A casa, la moglie dormiva, come pure i bambini e tutto era tranquillo. Quindi, la prima cosa, la prima premura che ebbe fu di cambiarsi, prendere quella tunica e baciarla con riverenza. Era il suo primo atto di adorazione. Avrà pensato: "Quell'Uomo è Dio". Ecco il suo primo atto di fede, il primo atto di adorazione. Piegò la tunica come se fosse il maggior tesoro del mondo, baciò le macchie di sangue come se fossero la cosa più preziosa esistente sulla terra - e infatti lo era - e la conservò in un luogo dove nessuno la potesse toccare. Quindi vestì un'altra tunica e si sedette fuori, in giardino.
Quando ormai si era già fatto giorno, mentre camminava, Simone si imbatté per caso in alcune di quelle persone che avevano partecipato a quel corteo e tra loro c'era proprio quella Signora. Allora decise nuovamente di seguirli e vide la casa in cui entrarono. Infatti, era la stessa sala da banchetti dove poco prima era stata celebrata l'Eucarestia. Li vide aprire la porta affinché la Signora entrasse, ma Lei non poteva vederlo facilmente. Eppure guardò indietro e cercò un modo, dal Suo profondo dolore, di fargli un sorriso, straziato - invero - ma florido per lui. Lei non disse nulla ma, benché a distanza, gli sembrò che mormorasse: "Io abito qui". Quindi entrò e sparì. Il Cireneo capì che era un invito.
Infatti, Simone di Cirene iniziò a frequentare gli Apostoli e tutto fa credere che si santificò, e forse morì martire. Il silenzio aleggia su questa vita che inizia con un silenzio: era un uomo adulto e all'improvviso uscì dalla banalità, dalla volgarità ed entrò in questa arcata di dolore e di gloria. Finì col fare il suo dovere dopo mille difficoltà e ritornò nell'anonimato. Ma sicuramente la sua anima, possiamo sperarlo, quando morì fu accolta in cielo. Aveva avuto l'onore, la vocazione unica di portare, da solo, la croce dell'Agnello di Dio.
E noi, possiamo portare la croce di Nostro Signore?
Sappiamo che della croce di Nostro Signore rimane solo un frammento, a Roma. Però, da questo frammento ogni tanto qualcuno riesce ad ottenere una minuscola scheggia, che ha comunque un valore morale e religioso inapprezzabile, è il Santo Legno. Lo si vede nella croce pettorale dei vescovi o nel loro vescovo, nei reliquiari di alcune chiese. Questo prezioso resto è soltanto un frammento di quella che era la Santa Croce; un pezzo di legno, non ne resta quasi più niente. Il Santo Legno, pertanto, non c'è più.
Quindi, come possiamo noi portare il Santo Legno?
Ci sono mille modi di farlo. Ognuno sorregge il Santo Legno quando soffre per amor di Gesù Cristo. Ci sono molte persone che ci odiano appunto perché Lo amiamo. Diciamo le cose come sono: perché siamo puri, perché siamo casti, perché diciamo che si deve essere così. Perché crediamo nella Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana come deve essere, e senza gli inganni e le falsificazioni di un certo progressismo che è in giro. Per il fatto che vogliamo, di conseguenza, tre principi morali insegnati da Nostro Signore Gesù Cristo: la Tradizione, la Famiglia e la Proprietà. Per questo motivo, tutto ciò che è di sinistra, per tutto quanto è l'uomo che si è consegnato alla dissoluzione della vita odierna, per tutto quanto è l'uomo che, consegnato al paganesimo moderno, ci odia. Ogni volta che questo odio si scontra con il nostro petto e, come abbiamo meditato poco fa, si incontra chi ci dice che questi principi non valgono niente, che mormora e ci minaccia di essere scherniti da tutti ("Sarai isolato da tutti, scemo lascia perdere"...) ogni qualvolta ci accade questo ricordatevi: state alzando la croce di Nostro Signore Gesù Cristo.
Ricordatevi che avrete un premio eccessivamente grande dinanzi a voi. Colui che è perseguitato, odiato e disprezzato per amore alla virtù, per amore alla Fede, per amore di Gesù, avrà un enorme premio in Cielo.
Nel sermone delle Beatitudini il Signore disse espressamente che una delle sette beatitudini era per coloro che soffrono persecuzioni per amore della virtù e per amore del bene. Il bene e la virtù in quel tempo venivano dette giustizia, che è una delle virtù cardinali. Quindi, questi fanno parte dei beati che in questa vita riceveranno la ricompensa e così pure in cielo.
Il Cireneo, però, non era un combattente, mentre noi lo siamo. Perciò non dobbiamo limitarci a subire il colpo, ma dobbiamo anche assumerci lo sforzo di replicarlo. Cioè, quando ci canzonano, non dobbiamo fare la faccia dello stupido che incassa; è ridicolo, non è degno del nome di Nostro Signore. Noi dobbiamo alzare la testa e rispondere, a tu per tu: "Io disprezzo il tuo disprezzo e sono orgoglioso di Colui che tu diffami. Stai parlando male di Nostro Signore Gesù Cristo e io mi vanto di Lui e lo adoro come Uomo-Dio. Ridi quanto vuoi, io riderò della tua risata".
Bisogna tenere duro, come chi dice all'avversario: "Vedi quel giovane lì? Io so che tu andrai a corromperlo con i tuoi cattivi consigli. Ma ci sarò pure io, per difenderlo dal tuo cattivo consiglio, perché voglio trattenerlo presso la Croce di Cristo. Per questo mi addosserò tante battaglie, ma contrasterò ogni offesa con una difesa, ogni argomento con un argomento; sarò intrepido come un combattente e trascinerò dietro di me centinaia di seguaci. Ecco quel che ti meriti: centinaia di sconfitte che tu incontrerai nel tuo cammino e queste centinaia di sconfitte sono la vittoria di Nostro Signore Gesù Cristo".
Con questo concludo la nostra riunione: Nostro Signore Gesù Cristo, l'Uomo-Dio, conosceva il passato, il presente e il futuro. E quando portava la sua Croce Egli conobbe ognuno di quelli che avrebbero aiutato la Chiesa, avrebbero collaborato per la Civiltà Cristiana nelle lotte contro gli avversari, sino alla fine del mondo, ed anche coloro che avrebbero lottato contro la civiltà cristiana, contro la Chiesa Cattolica.
Tuttavia, Egli vedeva non solo tutti gli attacchi, ma anche tutte le difese; e vedeva in una città chiamata San Paolo, in una via chiamata Martinico Prado dove si trova questa nostra Sede. Quindi, nella via Martinico Prado, a questo numero civico, vide un auditorio, proprio questo auditorio affollato di giovani e sapeva che questi giovani erano chiamati dalla grazia di aiutarLo a portare la Croce. Egli vedeva questa notte e le vostre anime che si aprivano alla bellezza del destino di quel Simone, alla vocazione del Cireneo e alla bellezza che vi è in essa: la gloria di alzare la Santa croce di Nostro Signore Gesù Cristo in modo combattivo. Sapete allora cosa accadeva in quel momento? Egli ascoltava queste esclamazioni che state esternando e questi clamori che Lo consolavano nel suo dolore. Ecco come, questa sera, noi abbiamo consolato Nostro Signore Gesù Cristo sorreggendo la sua croce: siamo stati dei Cirenei.
Non ci resta che chiedere alla Madonna, Madre di Misericordia, che ci faccia dei Cirenei sempre più autentici, sempre più amici della Croce e sempre più combattenti per la Chiesa e per la Civiltà Cristiana.
Così finisce la nostra riunione.
(Plinio Corrêa de Oliveira - 27 Giugno 1987; senza revisione dell'autore)
Durante un sogno, il Papa Innocenzo III vede san Francesco
che sorregge la Basilica di San Giovanni in Laterano